Pietro Cascella

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Pietro Cascella (Pescara 2 febbraio 1921 – Pietrasanta 18 maggio 2008) Figlio d’arte, erede e portavoce di una lunga dinastia artistica, Pietro Cascella nasce a Pescara nel 1921, in una famiglia in cui la pittura, la ceramica e l’incisione erano parte della vita quotidiana: nonno Basilio, padre Tommaso, zii Michele e Gioacchino erano artisti affermati. Sin da giovane mostra inclinazioni artistiche: studia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove giunge nel 1938, sotto la guida di Ferruccio Ferrazzi. È pittore in gioventù: partecipa alla IV Quadriennale di Roma (1943) e alla Biennale di Venezia del 1948, manifestazioni che segnaleranno fin da subito il suo percorso. Nel dopoguerra, Cascella si amplia artisticamente. Insieme al fratello Andrea, alla moglie Anna Maria Cesarini Sforza e ad altri collaboratori, lavora nella fornace di Valle dell’Inferno a Roma, producendo opere in ceramica policroma, stele, elementi architettonici. È in questo periodo che la materia — terracotta, ceramica, pezzi policromi — diventa strumento di esplorazione plastica, non più semplice decorazione ma modulo espressivo tridimensionale. Poco dopo, la ceramica lascia sempre più spazio alla scultura in materiali nobili e tradizionali come la pietra, il marmo (soprattutto marmo di Carrara), il travertino, e l’opera diviene monumentale, pubblica, ambientale. Cascella sviluppa un linguaggio plastico che mescola ricordi arcaici, richiami primordiali, suggestioni espressioniste e surrealiste, elementi antropomorfi, senza mai perdere un forte senso della fisicità della materia. Tra le sue realizzazioni più significative: Il Monumento ad Auschwitz-Birkenau (1958-1967), frutto di un concorso internazionale e successivamente realizzato con l’architetto Giorgio Simoncini, che segna la sua riflessione plastico-ambientale e il tema della scultura come luogo condiviso, memoria e testimonianza. Fontana «La Nave» a Pescara (1987), opera che simboleggia la storia marinaresca della città, evocando l’esperienza collettiva, il mare, la memoria. Il Monumento a Giuseppe Mazzini a Milano (1970-1974), altri interventi urbani in spazi pubblici che testimoniano la capacità dell’artista di coniugare la scultura con l’archetipico, con l’architettura, con la comunità. Cascella sostenne sempre “l’intelligenza delle mani”, l’idea che il contatto fisico con la pietra, con il marmo, con la materia plasmatica, fosse parte essenziale del processo creativo. L’archetipico, l’elemento primordiale: forme che sembrano tornare alle origini della scultura, al gesto ancestrale, al bisogno della monumentalità come memoria, come presenza spaziale. Il dialogo tra epoche, culture, materiali: Cascella si ispira a forme antiche (preistoria, arte gotica, romanica, simbolismi mediterranei), ma sempre rielaborate secondo una sensibilità moderna, proiettata verso la contemporaneità. Nel 1945 sposa Anna Maria Cesarini Sforza, con la quale ha figli; più tardi, nel 1966, conosce Cordelia von den Steinen, anch’essa artista, che diventerà sua seconda moglie. Riceve numerosi riconoscimenti: è presente a Biennali, Quadriennali, mostre prestigiose, e nei suoi ultimi anni è insignito di importanti onorificenze, tra cui la Medaglia d’Oro ai Benemeriti della Cultura e dell’Arte (2006). Muore a Pietrasanta nel 2008, lasciando un’eredità artistica che travalica la sua opera singola: una visione plastica del monumentalismo, una sensibilità per il luogo pubblico, un dialogo tra forma, materia e memoria che ancora stimola riflessioni sul rapporto tra arte, spazio e comunità.